Cosa cambierà, si chiede il cittadino, se verrà promulgata la legge di riforma sanitaria nel Friuli Venezia Giulia “Assetto istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale”?
Il disegno di legge, sempre che venga approvato senza stravolgimenti, prevede sei enti sanitari tra cui l’azienda regionale di coordinamento per la salute (ARCS), l’azienda sanitaria Friuli Occidentale (AS FO), due aziende sanitarie universitarie, la Giuliano Isontina (ASU GI) e la Friuli Centrale (ASU FC), e i due IRCCS Burlo e CRO.
L’ARCS si prende l’eredità del preesistente EGAS (Ente per la gestione accentrata dei servizi condivisi), rispetto al quale viene potenziata e si vede attribuiti compiti di controllo e coordinamento che la fanno assimilare all’ex Agenzia Regionale per la Sanità (ente che era stato soppresso dal centrodestra nel 2009).
L’AS FO non cambia molto rispetto all’attuale AAS5 del pordenonese, e mantiene anche lo stesso direttore.
La (nostra) ASU GI prevede la fusione dell’attuale Azienda di Trieste (ASUITS) con la parte di Azienda Bassa Friulana Isontina che corrisponde alla precedente Azienda Isontina, con al suo interno gli stabilimenti ospedalieri di Gorizia e Monfalcone e i distretti Alto e Basso Isontino.
L’altra metà dell’AAS Bassa Friulana Isontina se ne va con l’azienda di Udine e la Alto Friuli.
Insomma una ridefinizione degli ambiti territoriali che, forse, razionalizza i territori ma sicuramente fa temere l’egemonia triestina nei nostri confronti … rievocando l’area vasta Giuliano Isontina che non ha mai funzionato molto bene.
In teoria il DDL parla di “governo clinico dei percorsi di cura” a garanzia del cittadino, nella realtà noi sappiamo che gran parte della fuga dei residenti isontini non si rivolge all’azienda ospedaliera di Trieste ma scappa a Udine, oltre che fuori regione.
Sempre in teoria il DDL parla di autonomia organizzativa, gestionale e contabile, dei presidi ospedalieri hub e spoke, con proprio dirigente amministrativo di presidio e dirigente medico di presidio.
In realtà dice anche che ciascun presidio ospedaliero può essere articolato in più stabilimenti (è il caso del presidio di Gorizia e Monfalcone) e che ciascun stabilimento è dotato di autonomia organizzativa, gestionale e contabile, con proprio dirigente medico di stabilimento, cosa che non si concilia molto con il paragrafo precedente.
Non c’è alcun riferimento nel testo a un budget “di garanzia” dedicato all’isontino, e si fa fatica anche a immaginare come possa essere realizzato.
I distretti dovrebbero rimanere gli stessi come ambito territoriale e corrispondere agli ambiti dei comuni.
Recentemente, in occasione di un confronto sul rinnovo dell’accordo con la medicina generale, ambo le parti (medici e politici) hanno screditato i CAP, che per la verità sono stati realizzati solo in parte anche perché è mancata la disponibilità da parte dei medici di medicina generale. Bene!
Come variabile indipendente dalla politica locale, è prevista una futura grave carenza di medici come conseguenza della quota 100, che influirà sulla riorganizzazione portando probabilmente ad accorpamenti forzati per riuscire a mantenere attività e servizi di guardia.
La estrema difficoltà nel reclutare medici specialisti ci fa temere che i pochi “papabili” si orienteranno più volentieri verso gli ospedali hub e che nei prossimi anni sarà ancora più difficile, non potenziare, ma anche solo mantenere gli organici di due piccoli stabilimenti che insieme fanno uno spoke .
Non si capisce come si possa parlare di autonomia organizzativa, gestionale e contabile degli stabilimenti ospedalieri se ad oggi vi sono diverse strutture articolate su due sedi, a volte con unico primario.
Quantomeno bisognerà rivedere completamente l’atto aziendale, riassegnare strutture autonome a ciascun stabilimento, rafforzare gli organici e assumere primari … se possibile…
E il territorio? Resterà la cenerentola del sistema? E cosa ne sarà dell’Hospice, le cure palliative, l’infermiere di comunità, le microaree, lo sviluppo di comunità …
Intanto dal primo di gennaio verrà nominato un commissario straordinario per l’azienda di Trieste e l’AAS2, che, coadiuvato dai vicecommissari avrà un anno di tempo per ridefinire la nuova organizzazione.
Fare e disfare … è tutto un lavorare! MP
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