Da oggi e nelle prossime settimane dedicheremo degli approfondimenti al delicato tema della sanità isontina, nel tentativo di comprendere lo status quo e le prospettive future.
Secondo la Legge Regionale di riordino del SSR n. 17 del 2014 i presìdi di Gorizia e Monfalcone costituiscono un unico ospedale cosiddetto “spoke” su due sedi, inserito nella rete regionale ospedaliera secondo il modello “hub and spoke” (mozzo e raggio).
I successivi atti di pianificazione regionale hanno definito quali strutture e quanti posti letto dovessero essere autorizzati all’interno dell’ospedale unico, senza precisare in quale delle due sedi.
Per entrambe le sedi ospedaliere l’hub di riferimento è stato individuato nell’ospedale Cattinara di Trieste.
Ad oggi esistono una serie di protocolli che definiscono il percorso del paziente e le modalità di invio presso l’hub per tutta una serie di procedure che non sono eseguibili a Gorizia e Monfalcone, in quanto mancano le strutture e le tecnologie di secondo livello.
La materia è regolamentata dal Decreto Ministeriale n. 70 del 2015, o Regolamento degli standard ospedalieri, al quale le regioni si devono adeguare. In realtà il concetto di “ospedale su due sedi” non è contemplato dal decreto ministeriale, che prevede che i presìdi ospedalieri di base coprano un bacino d’utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, pari quindi al bacino d’utenza dell’Isontino.
Il decreto prevede anche le specialità che devono essere presenti nell’ospedale di base : PS, medicina, chirurgia generale, ortopedia, servizi di anestesia e di diagnostica. Niente cardiologia con UTIC, Ostetricia -ginecologia, Pediatria, Urologia, Neurologia ecc., che a onor del vero sono state mantenute nei nostri ospedali con la riforma Serracchiani.
Il decreto definisce gli standard per ciascuna struttura ai fini di garantire qualità e sicurezza delle cure, oltre che efficienza. Gli standard di qualità e sicurezza (ad esempio i volumi di attività) sono calcolati per sede e quindi per ciascuna equipe assistenziale, e non sempre vengono rispettati nei nostri due ospedali.
Per quanto riguarda l’efficienza è facile immaginare che due sedi fisiche o un reparto articolato su sedi diverse determinino un aumento dei costi di mantenimento delle strutture ospedaliere (manutenzione, riscaldamento, pulizie ecc) e soprattutto un aumento dei costi di personale in termini di turni, guardie, reperibilità ecc. replicati per ciascuna struttura.
Diverse strutture sono attualmente, e da tempo, in carenza di medici con conseguente difficoltà nel mantenimento della turnistica e diminuzione della produttività cui consegue disaffezione da parte dell’utenza.
La difficoltà nel reperire personale vale anche per il comparto sanitario a causa della centralizzazione regionale dei concorsi a tempo indeterminato con dilatazione dei tempi di assunzione, frequente non accettazione dell’incarico ed elevato turn over.
I nostri due ospedali hanno evidenziato nel corso degli ultimi anni un trend in continua diminuzione dei ricoveri e degli interventi chirurgici. I ricoveri complessivi sono passati da circa 15.200 nel 2015 a circa 14.500 nel 2017. Il trend negativo si evidenzia anche negli anni precedenti.
Per contro, una buona fetta di residenti isontini si rivolge ad altri ospedali per le cure ospedaliere determinando la cosiddetta “fuga”, pari a 5.750 nel 2017, cioè più di un terzo dei ricoveri attualmente effettuati nei nostri ospedali se ne va a curarsi altrove, sia che si tratti di strutture pubbliche che private convenzionate.
Talvolta la fuga dei pazienti è motivata dal fatto che nei nostri ospedali non possono effettuare le procedure e gli interventi previsti dalla specifica patologia, ma in quasi il 50% dei casi la fuga non è giustificabile e si tratta quindi di fuga cosiddetta “evitabile”.
La attrazione esercitata dai nostri ospedali verso cittadini di altre aziende è molto più contenuta, limitandosi a circa 1.800 ricoveri nel 2017. Il delta tra attrazione e fuga determina una perdita in termini economici molto significativa che pesa negativamente sul bilancio aziendale. È facile immaginare gli investimenti possibili con un recupero anche parziale della fuga.
Per quanto riguarda il territorio e le cosiddette cure intermedie – RSA e Hospice – non va molto meglio. Sono stati realizzati 10 posti letto nuovi di RSA a Monfalcone ma non sono stati ancora attivati per mancanza di personale infermieristico.
L’Hospice di Gorizia è stato disattivato nel mese di novembre dello scorso anno e nulla si sa in merito alla sua riattivazione. Le cure palliative sono partite con la dotazione di due palliativisti, uno per Gorizia e uno per Monfalcone, ma manca ancora l’equipe dedicata e la copertura 24 h.
Il servizio infermieristico e riabilitativo domiciliare evidenza delle performance inferiori agli standard regionali e a quelli dell’area della bassa friulana.
Dei CAP previsti è partito solo quello di Grado, a Cormons e Gradisca le strutture sono state approntate ma i servizi non sono partiti (non si è registrata una grande adesione da parte dei medici di medicina generale).
Gli infermieri di comunità sono ancora meno numerosi rispetto all’area Bassa Friulana. A livello territoriale si risente anche della mancanza, a tutt’oggi, di direttori di distretto strutturati nei distretti Alto e Basso Isontino. MT
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